Di Maria Luisa Cohen.
FB è una grande occasione per scambiare opinioni e ispirare iniziative per cause disparate. Il filone di interesse supremo per ogni ambientalista oggigiorno – ma il problema è stato dibattuto nel corso dei secoli passati – è quello di “gestione del nostro patrimonio arboreo”: espressione repellente poiché oramai è tutto quello che ci rimane da difendere di una natura oppressa, violentata, denudata.
La stessa qualità del linguaggio, che ho opportunamente messo tra virgolette, denuncia la trasformazione del senso originario, di Natura, nel Newspeak delle ultime generazioni di burocratizzazione del l’Umwelt, cioè del mondo che ci circonda, ma di cui facciamo inconsapevolmente parte.
Dei movimenti ecologisti si incaricano oggi di risvegliare dall’oblio la coscienza del nostro legame con la foresta, dalla quale la nostra specie di predatori è uscita per creare nuove forme di adattamento alle trasformazioni climatiche, cioè la rivoluzione neolitica di tipo agricolo. La storia biblica lo ha denunciato come punizione di un peccato originario che ha espulso la nostra specie dal tempo di una età del’Oro: mito comune di una epoca primordiale paradisiaca che includeva l’immortalità.
Il Peccato Originale è stato la Caduta, cioè la ribellione: lo stesso che ha punito orribilmente Prometeo, e si chiama Orgoglio. Ed è complementare alla rottura con il passato di obbedienza alle leggi naturali che impongono il radicamento sedimentato nel proprio habitat. In società arcaiche questo cosmo – imperativo biologico – rispondeva alla forzata e immanente residenza del luogo che radicava l’uomo alla sua terra natale. Sicché tutto il suo interesse era di preservarla in a solidarietà di sapore mistico con essa.
Ma la tecnologia discendente da Prometeo ha cambiato tutto questo attraverso la mobilità di massa. Le genti della nostra società globale non sanno chi sono né dove sono o devono essere. Ne segue che alla mancanza di radici corrisponda la mancanza di amore per la propria terra, e tutte le istituzioni internazionali che si sono create sono fondate sulla dislocazione. Le foreste sono divenute le metonimie della terra intera.
Certamente esiste una ragione per l’ ansietà errante dell’uomo moderno che non cerchiamo di indagare al momento perché esse ci porterebbe lontano. Invece discuteremo per colpire le ignoranze promosse da enti e istituzioni incaricati di “gestire” la nostra terra. Qualunque e dovunque la terra si trova aggredita e sadicamente perseguitata da una schiera di incapaci, quando non attivi terroristi del Verde.
Penso anzi che si dovrebbe istituire questa categoria, dopo quella del terrorismo a base religiosa, quella del terrorismo basato sulla distruzione della natura – e qui parlo di natura e non di alberi o foreste o verde urbano o selvatico, in quanto sono tutta una cosa – è un attacco antropologico prima ancora che economico. L’espressione ”natura” è proibita e rimpiazzata con “ ambiente”, il che è oggettivamente esatto perché include tutte le attività culturali umane che la hanno modificata e quindi continua ad essere il terreno aperto al programma delle istituzioni burocratiche. Dato che oramai di natura non esiste più niente che non sia de-naturalizzato.
La mattanza degli alberi esposta su fb da naturalisti e ecologi, ha quindi un carattere sotterraneo, sottaciuto, di contrasto e lotta tra due specifiche visioni del mondo e della vita umana. In primis, come disse il filosofo americano William James, per scandalizzare: “la verità di una proposizione consiste nel suo valore di cassa”; cioè dalla sua economicità.
Il secondo, che sta lentamente prendendo forma e coraggio, ma che non si trova condiviso largamente dalla maggioranza delle popolazioni per le ragioni di cui sopra, è un risveglio della sensibilità verso la natura di tipo estetico, di attrazione quasi fisica che rivela lo stupore dell’uomo primitivo davanti allo spettacolo di un’ allucinante visione che lo spinge all’adorazione.
La predominante cultura materialista riduce tutto a vantaggi economici e non vede nella natura, come fanno gli uomini di scienza, un mistero infinito da svelare e che ha la sua imponderabile bellezza. Non per niente un grande filosofo e scrittore russo – Fëdor Dostoevskij – confermò che: “La Bellezza salverà il mondo “, intendendo l’equivalente già schilleriano. Cioè che per essere veramente umani noi dobbiamo riconoscere l’identità tra il Bello e il Buono.
Distruggere gli alberi per asfaltare una strada, con le giustificazioni più implausibili di tipo economico e pratico, non fa altro che rivelare la pochezza culturale e la insensibilità spirituale di coloro che dovrebbero rappresentare il meglio della nostra società.
Se ammazziamo la bellezza, il mondo continua a vivere senza strade asfaltate perché ha ammazzato gli uomini di bruttezza. Marissa
“Distruggere gli alberi per asfaltare una strada”
Prendo spunto da questa frase per qualche considerazione personale, per “togliermi qualche sassolino dalla scarpa”, adesso che ho abbastanza decadi da poter sperare di non vivere ancora troppo a lungo, e lasciare libero lo spazio che abusivamente occupo, a questa vitalissima ma ignobile genìa umana di insoddisfacibili mai contenti.
Nella mia regione (altrove non so, non vado MAI in posti che non possa raggiungere in mezza giornata con la mia vecchia bicicletta, e l’altra mezza mi serve per tornare) le meravigliose rive alberate secolari che sempre fiancheggiavano e ombreggiavano le strade sono state QUASI TUTTE distrutte nel giro di un ventennio per far spazio alle piste ciclabili laterali: cemento, asfalto, tubi, muretti, reti, lampioni, cartelli, tombini, palizzate inutili e ridicole che dopo un anno o due marciscono.
Altrimenti i comuni avrebbero “perso i contributi!”.
I contributi funzionano spesso cosi’, che qualche ente gerarchicamente superiore dice: vi diamo 100.000 euro se voi Comune ne mettete altri 100.000, o 200.000, per deliberare questa cosa entro il 31 dicembre. A quel punto il consiglio comunale, su potente spintonamento delle sue lobby di intrallazzatori/costruttori con ampie parentele fra il sindaco e gli assessori, delibera per non perdere quei 100.000 euro, ma dall’anno dopo si trova indebitato, o tassato, per altri 100.000 o 200.000 euro, quelli che ha dovuto mettere di tasca propria, che pagheranno anche tutti gli altri cittadini del comune.
Il “famoso” moltiplicatore keynesiano, in pratica, viene implementato cosi’, per informazione delle anime candide che lasciano questi “dettagli tecnici” a commercialisti, fiscalisti ed economisti, e serve a far crescere il famoso PIL col metodo di incatenare le persone a sempre maggiore debito ad interesse esponenziale, piu’ spesso pubblico che privato.
Il debito privato almeno quando muori si estingue, quello pubblico no, si tramanda nelle generazioni, ed e’ sottoposto alla legge dell’interesse composto, quello che va sulla curva “esponenziale”! Per chi sa qualcosa di Cantor, non e’ un semplice infinito di primo ordine, e’ di secondo ordine, tende all’infinito anche rispetto all’infinito. Ci piace fare le cose bene, a noi uomini.
Sarebbe bene prenderne atto, anche se ormai e’ troppo tardi, foss’anche solo per capire cosa abbiamo fatto negli ultimi decenni al di la’ delle piu’ nobili intenzioni. Se si guarda indietro, adesso, non e’ difficile.
E questo e’ solo uno dei tanti esempi degli ultimi vent’anni o trenta, di come e’ stata comprata _persino_ la ingenua acquiescenza o addirittura fattiva collaborazione propagandistica dei movimenti ecologisti ai piu’ biechi affari di cementificatori, industriali, e “uomini del fare iperattivo” che hanno devastato tutto e impestato di debito, non solo economico, le future generazioni (le rottamazioni auto e l’indebitamento mostruoso per i vari “conti energia” che da soli valgono oltre un decimo del debito pubblico, non sono stati da meno).
Per il resto, ovvia la metafora della cacciata dal paradiso con l’inizio del neolitico e del lavoro col sudore della fronte (mentre la caccia e la raccolta del paleolitico restano ancora oggi non delle fatiche, non dei “lavori” da ritualmente celebratissimo e mitologico articolo 1 della costituzione, bensi’ degli sport oppure hobby divertenti per i quali le persone sono disposte a pagare salate tasse e licenze, perche’ procurarsi il cibo in quel modo gli piace, non e’ contro la loro natura, che e’ “paleolitica”).
Ma oggi comincia anche ad essere chiara la funzione del mito, della favola, della narrazione, nel potenziamento dell’azione umana collettiva, che e’ cio’ che rende l’uomo cosi’ devastante nei confronti del resto del mondo, e alla fine, almeno si spera, anche di se stesso: percio’ starei ben attento ad invocare ulteriori miti, i miti sono la causa prima della devastazione, anche quando si travestono da cura, per il semplice fatto che cementando le collettivita’ potenziano enormemente l’azione umana sul mondo, il che e’ alla radice di ogni problema una volta che l’uomo, divenuto cosi’ potente grazie alla sua azione _collettiva_, si trova ormai quasi solo sulla terra, seduto sul trono si’, ma in cima ad una montagna di sua merda e spazzatura.
C’e’ una chiara esposizione dello stato dell’arte della ricerca sulla funzione del mito, o come si chiama oggi, narrazione, qui, dovremmo ritrovarcisi:
https://www.ted.com/talks/yuval_noah_harari_what_explains_the_rise_of_humans?language=it
Eccellente sintesi.
https://youtu.be/U2-LPACAdX4
Grazie della segnalazione, appena ho un poco di tempo lo guarderò senz’altro. Conosco Mancuso e dice sempre cose interessanti, specie per me che gli alberi li ho sempre ascoltati, fin da bimbetto.
Scusate se ho messo il link nudo, ma l’ho fatto col proposito di non influenzare ne’ spingere chi fosse eventualmente incuriosito e interessato: che ognuno esplori e giudichi da se’ secondo le sue idee e sensibilita’.
Aggiungo una sola cosa che pero’ riguarda me, non l’argomento: mi commuove vedere come Mancuso stenti a trattenere la commozione quando legge i passi dei diari di Thoreau. Mi fa sentire meno solo, per quel che vale.
https://youtu.be/0eihelikBqs
Un filosofo orticoltore. Posso assicurare che il suo metodo funziona per averlo praticato. Si basa sulla rizosfera: i processi naturali che avvengono sotto il suolo.