Ogni anno, all’uscita dei dati ISTAT sui dati demografici, assistiamo al lamento nazionale sul calo della natalità con titoli riciclati: “sempre meno figli”, “culle vuote”, “una società che invecchia”, “una società in declino”, “l’Italia non fa più figli” e così via con toni alternativamente lamentosi ed accusatori. I grandi giornali, quelli piccoli, la destra e la sinistra, la chiesa, tutti lamentano questo fenomeno apparentemente inarrestabile. Allora, dico io: “speriamo lo sia veramente”. Una società può restare giovane in due modi: o perché la natalità è molto più alta della mortalità e allora è una società in crescita demografica o perché sono ambedue molto alte. Nascono in molti e molti muoiono giovani. Se c’è una cosa che una società (e in genere una popolazione) non può fare è quello di crescere indefinitamente. Ci sono due modi per non crescere avere alti valori di natalità e di mortalità, oppure valori bassi di ambedue. La società deve invecchiare. E’ un transiente storico che ad un certo punto va affrontato. Ovunque nel mondo la natalità è in calo. Anche nei paesi che fino a pochi decenni fa avevano tassi di fertilità per donna varie volte superiori al tasso di rimpiazzo di 2 figli per donna nella vita fertile. (cfr dati Niger, Ghana, India ecc). Il terrore per il declino demografico è uno dei sintomi di una cultura che si è formata e sviluppata in un periodo in cui il limiti biofisici del pianeta sembravano lontani o inesistenti. Ogni volta che mi trovo a contestare le ragioni profonde di questa preoccupazione mi sento rispondere con argomenti che hanno un peso nel breve termine: soprattutto l’insostenibilità del sistema pensionistico che è anche il grimaldello con cui si impone, o si cerca di imporre, la politica dell’immigrazione o, per essere politicamente corretti, dell’accoglienza, a cittadini sempre più recalcitranti. Lasciamo perdere per il momento questo secondo argomento che, data la delicatezza del tema, richiede un ragionamento a parte che affronterò un’altra volta e parliamo solo di natalità.
Sono anni che sostengo che il calo della natalità e l’invecchiamento sono passaggi ineludibili per un ritorno alla sostenibilità delle nostra specie. Non mi è chiaro quanti milioni di umani vorrebbero su questa penisola e quanti miliardi su questo pianeta per dire che sono soddisfatti. Altri fanno voli pindarici parlando delle ragioni remote della sovrappopolazione, ma, qui ed ora il dato è questo, il nostro paese e questo pianeta sono già sovrappopolati. Il calo demografico è necessario ed urgente. L’unica cosa che si deve fare è affrontarlo non contrastarlo. Per affrontarlo non si può che adattare, ad esempio, tutto il sistema del trattamento pensionistico in modo sostanzialmente diverso. Ci sono più vecchi e meno bimbi, la somma di vecchi e bimbi costituisce la popolazione inattiva. Se questa fetta di popolazione è sostanzialmente costante, il problema dell’invecchiamento è solo un problema di spostamento di risorse da una parte ad un’altra. La politica serve a governare i fenomeni non a cercare di mantenere lo status quo, specialmente se, per motivi palesi come il degrado della biosfera determinato dalla nostra popolazione, lo status quo non ha un domani.
Giustissimo.
Come si convive con una società che invecchia e in cui le nascite decrescono? Due persone che stupide non sono, Jorgen Randers e Graeme Maxton, tra i 13 suggerimenti ai politici delle nazioni ricche per uscire dagli attuali problemi ne dedicano alcuni che direttamente o indirettamente hanno incidenza sulla denatalita’. Ovviamente non tutti sono senza sforzi o resistenze, ma i problemi di cambiamento climatico, disuguaglianza e disoccupazione che rischiano di produrre un collasso umanitario richiedono impegno e cambiamento dallo status quo. Innalzamento dell’età di pensione per chi vuole e può continuare a lavorare (reddito maggiore dell’attuale alle fasce più anziane possono aumentare il mercato dei servizi alla persona e alla cultura). Ridefinizione del “lavoro retribuito” per includere chi dà servizi di cura per altri a casa (chi si occupa di bambini, di malati, di anziani). Incoraggiare famiglie più piccole (dando un bonus significativo di decine di migliaia di euro alle donne che raggiungono i cinquanta anni avendo meno di due figli, cioè uno solo o nessuno). I soldi necessari vanno trovati da misure di tassazione che riducano le diseguaglianze.
Si può fare, basta volerlo.