Una persona, dichiaratasi ambientalista ma ‘eretica’ rispetto alle posizioni prevalenti (anti-vegano, pro OGM, ecc.), autore di un libro dato alle stampe qualche anno fa, ha commentato un mio articolo su Decrescita Felice Social Network, avviando una lunga e serrata (anche se talvolta molto kafkiana) discussione sui benefici ecologici delle sementi transgeniche; chi fosse interessato può leggersi tutto lo scambio intercorso.
Tra le numerose esternazioni, il soggetto in questione se n’è uscito con la seguente rivelazione:
Nel Febbraio 2013, due fratelli mantovani, produttori di mais che poi usano per allevare scrofe da rimonta, stanchi di avvelenarsi con insetticidi ed avvelenare i loro animali con micotossine, mi chiesero di accompagnarli in Spagna (parlo bene cinque lingue, tra cui il castigliano) per constatare de visu la bontà del mais GM. Dopo aver parlato con vari agricoltori spagnoli, tutti entusiasti, siamo tornati con il nostro camper carico di sacchi di semente GM. Da allora i miei amici coltivano clandestinamente lo stesso mais che l’Italia importa: 2 milioni di tonnellate ogni anno. Per non parlare della soia e del cotone, oramai GM per più del 90%. L’anno scorso, uno dei due fratelli mi ha raccontato che il contoterzista che gli trebbia il mais, si è accorto dell’enorme differenza qualitativa e quantitativa del mais da loro prodotto, rispetto a quello dei campi vicini, e strizzando l’occhio gli ha rivelato che oramai sono in molti a coltivarlo clandestinamente in Pianura Padana.
Sulla veridicità o meno di quanto riportato si può solo congetturare, sicuramente suffraga voci e dicerie che circolano da tempo.
In ogni caso, alla luce anche del tentativo (poi respinto) della ex ministra dell’agricoltura Bellanova di sdoganare gli OGM in Italia, conviene affrontare seriamente l’argomento. Del resto, quanti scienziati e opinion maker ammoniscono continuamente sulla necessità di adottare le sementi transgeniche per un’agricoltura sostenibile, obiettivo a portata di mano che sarebbe negato per colpa di uno stolto e retrogrado manipolo di agricoltori ed ecologisti?
Periodicamente, la biologa-senatrice a vita Elena Cattaneo lancia appelli accorati, anche se abbastanza vaghi e confusi. Non ci aiuta granché neppure Dario Bressanini – accademico e saggista diventato un influencer del Web – che da anni dedica gran parte della sua attività di divulgatore alla causa della transgenesi. Nei libri Pane e bugie e Contro Natura (scritto in collaborazione con Beatrice Mautino), il tema della sostenibilità è trattato molto en passant: per dare un’idea, le parole contenenti la radice ‘sostenibil-‘ nelle due opere compaiono rispettivamente 11 e 9 volte in totale, mentre non si parla mai di impronta ecologica e altri parametri fondamentali. Del resto, l’obiettivo dichiarato di Bressanini è di cambiare il frame, la cornice culturale che influenza negativamente il pubblico. La sua azione è per lo più volta a demitizzare rappresentazioni stereotipate e luoghi comuni sugli OGM, nel tentativo di minimizzare le differenze tra ingegneria genetica e altri metodi più accettati di manipolazione, creando così un clima più favorevole alla sua accettazione. In questo senso, gli va riconosciuto di evitare i toni altisonanti tipici di tanti altri apologeti. Scrive in Contro Natura:
Per noi – e ormai lo sapete – gli OGM sono una storia normale, una storia come tante nel grande libro dell’agricoltura. Non sono speciali né in positivo né in negativo: sono, per dirla con una metafora, uno dei tanti attrezzi della cassetta di agricoltori, genetisti e agronomi. La chiave inglese del 12. Alcuni attrezzi possono fare più cose, altri hanno un ruolo ben preciso. Ma se dovete risolvere un problema grosso, vi servono tutti. Gli OGM sono uno dei tanti strumenti che spesso non è nemmeno necessario usare, ma quando, invece, a servire è proprio quello strumento lì, la chiave inglese, per noi è da sciocchi non usarlo.
Una volta che ritiene di aver dimostrato il carattere eco-friendly di qualche ritrovato transgenico (ad esempio una coltura Bt progettata per ridurre l’uso di pesticidi), il contributo di Bressanini alla causa della sostenibilità è terminato. I suoi libri si concentrano sugli strumenti della cassetta degli attrezzi, ma molto poco sull’oggetto da riparare (cioé il paradigma agricolo contemporaneo, con tutte le sue criticità).
Accantonato il chimico-influencer, ho ripiegato sul Web, rivolgendo la mia attenzione al portale AgroNotizie, anch’esso notoriamente favorevole all’introduzione delle sementi geneticamente modificate. Mi sono imbattuto in un documento dal titolo molto accattivante: OGM: tra verità e disinformazione. Produttivi, eco-compatibili e sostenibili: tutti i motivi sociali, ambientali, agronomici ed economici per i quali l’Italia dovrebbe aprire agli OGM, pubblicato nel settembre del 2019 da Donatello Sandroni. Parlando esplicitamente di ‘sostenibilità’ ed ‘eco-compatibilità’, mi ha subito incuriosito, per rimanere poi abbastanza deluso: pur entrando un po’ più nel dettaglio di Bressanini, resta comunque molto sul vago.
In particolare, manca la cosa che si supporrebbe essere più ovvia: un’analisi sistematica dell’agricoltura USA, madrepatria degli OGM, da confrontare con quella di altri paesi ancora riottosi ad adottarli. Il 2021 segnerà il venticinquesimo anniversario della commercializzazione delle sementi transgeniche e già da una decina d’anni queste varietà costituiscono l’80% di mais, soia e cotone; quasi la metà complessiva dei terreni agricoli statunitensi è dedicato alle colture geneticamente modificate.
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(Le sementi HT sono ‘herbicide tolerant’, cioé resistenti a un particolare tipo di erbicida; quelle Bt sono state modificate per produrre il bacillus thuringiensis, tossina insetticida. Le varietà di mais e cotone ‘stacked’, che presentano contemporaneamente le caratteristiche HT e Bt, stanno gradualmente soppiantando quelle con una sola specifica)
Alla luce di questi dati, se davvero gli OGM presentano evidenti vantaggi per l’ambiente, allora ciò deve emergere dall’analisi generale dei principali fattori di impatto ecologico. Per fare un confronto, a pochi anni dalla sua implementazione era innegabile che la rivoluzione verde stesse ottemperando allo scopo per cui era stata ideata, ossia aumentare la produttività per allontanare lo spettro della ‘bomba demografica’. Tuttavia, prima di procedere con la disamina, è bene capire quali aspetti rendano insostenibile l’attuale modello agricolo e, cosa ancora più importante, sgombrare il campo da dubbi ed equivoci intorno al concetto di sostenibilità.
Sostenibilità ambientale: cos’è e cosa non è
‘Sostenibilità’ è una parola alla moda di cui si riempiono la bocca tante persone, facendo rientrare nel significato tutto ciò che permette di contenere in qualche maniera il danno ambientale: dopo l’introduzione dei motori ibridi, c’è persino chi parla di ‘F1 sostenibile’. Al di là di slogan e concezioni idiolettali, la nozione scientifica di sostenibilità si basa su tre assunti fondamentali:
• il tasso di utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve essere superiore al loro tasso di rigenerazione;
• l’immissione di sostanze inquinanti e di scorie nell’ambiente non deve superare la capacità di carico dell’ambiente stesso. Nel caso dell’agricoltura, i problemi principali in tal senso sono: emissione di gas serra che contribuiscono al riscaldamento globale dell’atmosfera; creazione di ‘zone morte costiere’ causate dall’accumulo di nutrienti riversati nei mari; contaminazione delle falde acquifere tramite sostanze chimiche di sintesi;
• lo stock di risorse non rinnovabili deve restare costante nel tempo. Nel contesto di cui trattiamo, le principali criticità riguardano le materie prime impiegate per i fertilizzanti di sintesi (metano, fosfati, minerali di potassio) nonché i derivati del petrolio, usati principalmente come combustibili per le macchine agricole e per alcuni pesticidi.
(Qui e qui per chi volesse approfondire la questione)
Pertanto, una tecnica agricola non può ricevere una patente di sostenibilità solo perché consente genericamente di ridurre gli input o migliorare la produttività rispetto a pratiche già adottate. Se gli OGM stanno davvero permettendo di avviare un percorso in direzione di un’agricoltura sostenibile, dal loro utilizzo è doveroso aspettarsi almeno:
- un evidente abbattimento delle esternalità ambientali che provocano o contribuiscono ad aggravare importanti problematiche ecologiche;
- una graduale emancipazione dagli input della chimica di sintesi che, da fattore determinante e imprescindibile, si devono trasformare gradualmente in un apporto integrativo sempre meno rilevante.
Uno sguardo d’insieme
Il modo più semplice per valutare la sostenibilità di un’attività consiste nell’esaminarne i consumi diretti e indiretti, perché sono questi a tradursi in esternalità ambientali. L’agricoltura USA, nel periodo 2002-16, ha mostrato andamenti abbastanza stabili per quanto concerne le principali variabili interessate, fatta eccezione per fertilizzanti e gasolio, i cui consumi hanno cominciato a lievitare dal 2010-12, al punto che nel 2012-15 si è registrato un ‘disaccoppiamento negativo’, tale per cui l’output produttivo è aumentato del 6%, ma l’apporto energetico del 10%.
Fonte: USDA 2018
Da questo quadro generale possiamo già concludere che l’agricoltura USA non ha intrapreso alcun percorso verso la sostenibilità, ma non ci dice ancora nulla di particolare riguardo al ruolo giocato dagli OGM. Cerchiamo allora di sviscerare i dati concentrandoci su quegli aspetti dove la qualità delle sementi può contribuire a ridurre l’impatto, in particolare l’efficienza d’impiego degli input.
Produttività delle sementi e relative esternalità
Gli OGM sono più produttivi delle colture tradizionali? Sandroni non ha dubbi:
Che gli ibridi OGM possano apportare grandi benefici alla produttività e alla redditività agricola nazionale, lo dimostrano i record ottenuti negli Stati Uniti negli specifici “contest”, come per esempio il National Corn Yield Contest, ove i maiscoltori si confrontano fra loro alla ricerca del record assoluto di produttività. Nel 2018 il vincitore di tale sfida ha raccolto ben 30 tonnellate per ettaro di granella, raccolto che non è bastato però a infrangere il record dell’anno precedente con 34 tonnellate. Entrambi i record sono stati ottenuti grazie a due ibridi resistenti agli insetti, cioè con soluzioni tecnologiche proibite in Italia e pertanto indisponibili. Ciò contribuisce a condannare i maiscoltori nazionali a produzioni di gran lunga inferiori, dal momento che anche nelle migliori condizioni di coltivazione italiane raramente si superano le 20 tonnellate per ettaro.
Negli USA è stata indubbiamente riscontrata una crescita lineare delle rese per ettaro di mais, soia e cotone, sebbene in linea con i trend pre-transgenesi. Risultati sicuramente ragguardevoli, che però si scontrano con un’altra evidenza empirica: al di là dei luoghi comuni mediatici (e di situazioni molto particolari come i contest agricoli), le rese dei maiscoltori italiani hanno poco da invidiare a quelle dei colleghi statunitensi, mentre quelle di soia nostrane performano addirittura meglio delle rivali a stelle e strisce.
Fatto ancora più importante, l’agricoltura italiana ha intrapreso negli ultimi quindici anni un grosso sforzo per efficientare l’impiego dei nutrienti, al punto che il consumo per ettaro oggi è inferiore a quello USA. Pertanto, i nostri maiscoltori avrebbero dovuto rosicare molto di più negli anni Ottanta, quando le controparti d’oltreoceano riuscivano a ottenere rese pressoché identiche con molta meno concimazione.
Sorgono dubbi anche riguardo al cotone transgenico, se analizziamo il diverso rendimento in India e Burkina Faso, paesi in cui le varietà Bt sono state introdotte rispettivamente nel 2002 e nel 2008.
Se nella nazione asiatica si è assistito a una vera e propria escalation produttiva (più volte osannata come prova della bontà della transgenesi), in quella africana non ci sono state variazioni significative rispetto alle rese precedenti, una delle ragioni che ha convinto il Burkina Faso nel 2016 ad abbandonare il cotone Bt della Monsanto (che aveva promesso maggiorazioni anche del 30%). Se esaminiamo il trend dei fertilizzanti per ettaro in entrambi i contesti, vengono alla luce le ragioni di tanta disparità nei risultati.
Pertanto, gli exploit delle colture OGM non sono da ascrivere alle sementi, ma al consumo massiccio di nutrienti, specialmente nel caso del mais americano, i cui record tanto decantati sono stati ottenuti grazie all’apporto di fertilizzanti azotati più elevato di sempre. Queste ‘scoperte’ rappresentano in realtà un gigantesco segreto di Pulcinella, essendo un fatto già constatato nel 2016 in un rapporto della National Academies of Science, Engineering and Medicine. Un documento frequentemente citato dai fautori degli OGM, ma solo relativamente all’analisi che non rintraccia evidenze di tossicità negli alimenti transgenici, mentre questo aspetto meno gradito viene per lo più taciuto.
L’esame sull’impiego dei fertilizzanti stronca sul nascere qualsiasi aspirazione di sostenibilità dell’agricoltura USA. Essa ha notevolmente migliorato la propria efficienza a partire dagli anni Ottanta, senza però riuscire a stabilizzare gli stock di risorse non rinnovabili, ma solo il consumo annuale. Almeno per quanto riguarda fosforo e potassio, perché il dispendio di azoto ha solo rallentato la sua crescita, dal momento che i miglioramenti di efficienza nell’impiego per ettaro sembrano aver raggiunto un plateau dall’inizio del nuovo millennio.
Fonte: Peiyu e altri 2018
Mentre si parla spesso dei danni ambientali dovuti ai pesticidi, quelli causati dai fertilizzanti di sintesi tendono ingiustamente a passare in secondo piano. Dai campi, i nutrienti attraverso i corsi d’acqua si riversano in mari e oceani e, se in grandi concentrazioni, provocano la proliferazione di alghe che, una volta morte, si accumulano nei fondali e vengono decomposte dai batteri, consumando tutto l’ossigeno nel processo: si formano così le zone morte (‘dead zone’) marine. Quella creatasi nel Golfo del Messico negli ultimi vent’anni si è gradualmente allargata fino a raggiungere un’estensione paragonabile alla Toscana, alimentata principalmente da nitrati e fosforo trasportati dal Mississipi e i suoi affluenti dalle regioni della ‘corn belt’ fino al sud della nazione.
Inoltre, i fertilizzanti azotati rilasciano dai terreni grandi quantità di protossido di azoto (N2O), gas serra da duecento a trecento volte più potente dell’anidride carbonica e con tempo di residenza in atmosfera stimato nell’ordine di 150 anni.
Tirando le somme
In questa prima disamina dell’agricoltura USA, non solo è stato demitizzata la leggenda popolare sulla maggiore produttività delle sementi OGM, ma si è anche scoperto che, sul versante dei fertilizzanti di sintesi, da una decina d’anni l’agricoltura italiana è addirittura più virtuosa di quella dello zio Sam.
Al riguardo, non si possono addurre particolari colpe agli OGM, bensì a obiettivi produttivi eccessivamente ambiziosi. Il raccolto di mais statunitense, in particolare, risulta sovradimensionato a causa dei piani governativi varati dai tempi della presidenza di George W.Bush a sostegno di quel colossale greenwashing che sono i biocarburanti, dove il bioetanolo da mais rappresenta una delle risorse centrali in questa strategia di ‘indipendenza energetica’. Pensando che allo scopo viene dedicata una quota pari al 25-30% circa della produzione nazionale, è facile comprendere lo spreco di azoto e altri nutrienti che l’intera operazione comporta. Ci sarebbe molto da dire anche sulla soia, utilizzata all’80% per l’alimentazione animale.
D’altro canto, siccome prima di immettere sul mercato una semente transgenica occorrono mediamente tredici anni e 130 milioni di dollari spesi in ricerca e sviluppo, bisogna chiedersi se un impiego non ‘gonfiato’ ricompenserebbe adeguatamente gli investimenti. In ogni caso, al di là delle esagerazioni promozionali dei loro sostenitori, le sementi transgeniche non sono state progettate per aumentare la resa delle coltivazioni, sebbene sondaggi condotti dall’USDA rivelino che sia stata la ragione principale a spingere gli agricoltori statunitensi a passare agli OGM.
Fonte: USDA 2014
In realtà, l’obiettivo delle coltivazioni OGM di ‘prima generazione’ non è ridurre l’apporto di fertilizzanti di sintesi ma di fitofarmaci (erbicidi, insetticidi e funghicidi), quindi lo scopo non è aumentare le rese bensì proteggerle più efficacemente. E’ su questo versante che deve essere testata la loro validità. (continua)
Riguardo agli ogm:
https://nuovabiologia.it/la-tanzania-blocca-i-campi-sperimentali-di-ogm/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05/29/lato-disumano-degli/245041/
Chi li conosce li evita.
“oramai il mais ogm sono in molti a coltivarlo clandestinamente in Pianura Padana”
E lo coltiverebbero, rischiando i rigori della legge, per diminuire la produttivita’?
Molto divertente. 🙂
Ragazzi, mettiamoci in testa che non si da’ da mangiare, vestire e magari pure da dormire a 1 persona ogni 18000 mq di terre emerse (antartide, siberia, groenlandia sahara gobi e alaska comprese) con le fiabe e gli orti biologici sul davanzale al diciottesimo piano del bosco verticale dell’archistar di turno…
In italia, peraltro, c’e’ 1 persona ogni 5000 mq di superficie, non ogni 18000, e’ un’enormita’, ragione per cui e’ da almeno un millennio che viene coltivato e sfruttato ogni centimetro quadrato di superficie disponibile, rubandolo alla biodiversita’ naturale, che appunto non esiste piu’ da quel di’.
Non si torna piu’ indietro, di sicuro non con un rientro dolce ne’ legislativamente organizzato, che faremmo bene a lasciare alla narrativa favolistica.
Se in italia ultimamente hanno ripreso un po’ i boschi selvatici** e’ solo perche’ non siamo piu’ costretti, come eravamo ai tempi delle carestie e pestilenze per la sovrappopolazione rapportata alla tecnologia dell’epoca, a coltivare ogni centimetro quadrato disponibile di terre marginali.
E se ci siamo arrivati, e’ si’ grazie allo sfruttamento di altre parti del globo, ma e’ anche in ragguardevole misura grazie all’aumentata produttivita’ delle sementi, ogm e non, che sono la cosa meno impattante (se escludiamo il fatto che, sfamando, hanno permesso l’esplosione demografica, ma allora diciamolo esplicitamente che vogliamo che torni la fame).
Se ce la prendiamo pure con le sementi ad alta resa, ogm e non, vuol proprio dire che non ci va bene niente, o meglio che quella che cerchiamo e’ solo la rissa.
Godiamoci questo felice periodo che non durera’ a lungo: non ci sono solo le malattie sempre piu’ in agguato a colpire l’immane brodo di coltura rappresentato dagli innumerevoli esseri umani e loro fonti di alimentazione addomesticate animali e vegetali, basta che si risvegli qualche piccolo vulcano per rendere patetici tutti questi discorsi (statisticamente e’ probabile che succeda).
** Salvo che abbiamo provveduto subito, grazie alle recenti leggi ecologistiche sul rinnovabile, a triturare tutto per farne pellet, con fior di incentivazione burocratizzata. Pellet pero’ che a sua volta crea PM10, con relativo “olocausto” di morti anticipate per tremende decimatrici malattie polmonari… Se a uno verrebbe da dire “coglioni”, esagera?
“Se a uno verrebbe da dire “coglioni”, esagera?”
Non lo so, forse sarebbe meglio evitare di fare la figura dei coglioni quando si elevano i propri pregidizi a verità e si critica la gente senza entrare nel merito delle sue argomentazioni.
‘E lo coltiverebbero, rischiando i rigori della legge, per diminuire la produttivita’?
Molto divertente. 🙂’
Lo fanno per risparmiare sui pesticidi, perché le sementi BT per qualche anno funzionano, poi sviluppano le resistenze. E loro ci guadagnano due volte perché trafficano illegalmente sulle sementi o le fanno riprodurre, quindi non pagano le royalties a Monsanto e soci, perché le sementi OGM costano sensibilmente di più.
“E se ci siamo arrivati, e’ si’ grazie allo sfruttamento di altre parti del globo, ma e’ anche in ragguardevole misura grazie all’aumentata produttivita’ delle sementi, ogm e non, che sono la cosa meno impattante”
Dalle tue parole sembra che abbiano fatto delle magie ai semi per farli produrre di più, la cosa è un po’ diversa e più complessa di così. Mi sa che ti devi informare un po’ su come funziona l’agroindustria, così mi spieghi anche come fa a essere ‘la cosa meno impattante’.
“Se ce la prendiamo pure con le sementi ad alta resa, ogm e non, vuol proprio dire che non ci va bene niente, o meglio che quella che cerchiamo e’ solo la rissa.”
Ho citato dati con tanto di fonti, se vuoi discutere nel merito fallo, ma andare a dire a me che ‘cerco la rissa’ quando tu l’unica argomentazione che porti è la tua ironia di patata (come diciamo in Piemonte)… non sta proprio né in cielo né in Terra.
” basta che si risvegli qualche piccolo vulcano per rendere patetici tutti questi discorsi (statisticamente e’ probabile che succeda).”
Mi sa che hai le idee un tantino confuse anche sulle maggiori minacce ambientali per l’umanità.
“Non lo so, forse sarebbe meglio evitare di fare la figura dei coglioni quando si elevano i propri pregidizi a verità e si critica la gente senza entrare nel merito delle sue argomentazioni. ”
Se non e’ riuscito a spostarti neanche di una frazione di millimetro l’informato, professionale, intelligente e paziente Francesco, sull’altro sito, figurati se ci riesco io… non ci ho mai neanche lontanamente pensato, volevo solo stemperare un po’ la tensione guardando le cose in modo un po’ piu’ elastico e tollerante, col risultato di incattivirti ancora di piu’. Quindi, il mio “coglioni?” era rivolto evidentemente a me, per tutti gli errori fatti e pensati non solo nel passato, ma anche nel presente e nel futuro.
Ognuno può giudicare da quello scambio quanto sia ‘informato, paziente, professionale e intelligente’ il soggetto in questioni, personalmente penso che escano fuori alcune cose lampanti.
“volevo solo stemperare un po’ la tensione guardando le cose in modo un po’ piu’ elastico e tollerante, col risultato di incattivirti ancora di piu’”
Non è questione di essere ‘elastici’, ‘tolleranti’ o ‘cattivi. Il fatto è che, mentre per scrivere il tuo commento argomentato a colpi di emoticon e sfottò più o meno espliciti ci hai messo due minuti, io è da più di un mese che consulto fonti (come puoi vedere, per lo più FAO e articoli di ricerca peer review, non http://www.fuckmonsanto.com) muovendomi con i piedi di piombo, viste esperienze pregresse poco felici. Se vuoi discutere dei dati che ho portato e delle fonti che ho citato, lo facciamo con tutta la pacatezza del mondo, non chiedo di meglio di un confronto argomentato anche su posizioni molto differenti. Questa è la mia idea di confronto disteso. Ma se vieni solo a fare ironie di dubbio vcalore, scusami, ma più che restituire pan per focaccia non posso fare.
Guarda che questi temi li seguo da mezzo secolo, non da due mesi, e da tale punto di vista non del tutto ingenuo mi rendo conto che da persone come Francesco ho se non solo da imparare, moltissimo da imparare. Per non parlare di quel pozzo di scienza ed esperienza che e’ Guidorzi.
Benissimo, allora entro nel merito dei miei articoli con una critica costruttiva e spiegami che cosa c’è di sbagliato. Se uno viene per sfottere e provocare gli restituisco la stessa medicina, ma se osservazioni pacate, educate e argomentate sono le ben venute, di qualunque genere siano.
Immagino che la prossima puntata sarà sulla questione delle resistenze, che a quanto so praticamente vanificano lo scopo per cui gli OGM vengono creati. Giusto?
Concentrarsi solo sulle rese è estremamente miope. Innanzitutto, questo non ci dice niente non solo, come scritto nell’articolo, sul consumo di altri input e sull’inquinamento, ma neanche sullo stato dei terreni e della loro fertilità a lungo termine. E poi, rese più alte significa meno biodiversità: se si aumentano le rese questo significa solo che sono state sterminate tutte le altre forme di vita presenti (erbicidi e pesticidi servono a questo). È chiaro che dopo su quel campo, ma neanche su quelli vicini, non ci saranno più piante, insetti, uccelli, e tutti gli altri esseri viventi che dipendono da loro. Per cui ogni volta che si loda una nuova tecnologia che magicamente produce più cibo, bisognerebbe chiarire che l’unica cosa che si è fatta è ridurre la disponibilità di cibo per le altre specie con cui in teoria dovremmo condividere questo pianeta, anziché volere tutto per noi.
Secondo me dovremmo cercare di cambiare i termini in cui viene presentata la questione, non di inseguire sempre quello che dicono gli altri.
>Immagino che la prossima puntata sarà sulla questione delle resistenze, che a quanto so praticamente vanificano lo scopo per cui gli OGM vengono creati. Giusto?
Sì
>Secondo me dovremmo cercare di cambiare i termini in cui viene presentata la questione, non di inseguire sempre quello che dicono gli altri.
Ho pubblicato su DFSN una serie di articoli chiamati ‘critica della ragione agroindustriale’ (qua l’ultima puntata con link alle altre http://www.decrescita.com/news/critica-della-ragione-agroindustriale-10-conclusioni/ ) dove ho approcciato l’intera questione in modo diverso anche per confutare molti luoghi comuni sulla fame nel mondo. Qui ho voluto ragionare sulle sementi OGM per via della questione Bellanova e del tizio che mi ha commentato sull’altro blog. Non è questione di ‘inseguire gli altri’, ma di capire se quello che dicono è fondato o meno.
“la questione delle resistenze”
sul sito agrarian sciences c’e’ un tale guidorzi, anziano e superesperto agronomo sementiere, che spiega bene in cosa consiste il suo mestiere
Conosco Guidorzi, alcuni anni fa mi è cadde sulla testa una bella shitstorm sempre sulla questione degli OGM con lui come controparte. Diciamo che da allora, quando scrivevo di questo cose in maniera diciamo ‘allegra’, ho imparato a farlo mettendomi le mutande di latta.
Io Guidorzi l’ho trovato che commentava e spiegava pazientemente a tutti attingendo al suo immenso pozzo di esperienze agrario-sementiere sul blog di le scienze di bressanini (purtroppo in stasi da quando, a bressanini, meno di un anno fa, e’ stato diagnosticato un rarissimo cancro alla retina), e poi ho visto che scrive sul blog indicato sopra, agrariansciences, dove scrivono anche luigi mariani, competente e gentilissimo storico dell’agricoltura e agrometeorologo, e antonio saltini, autorita’ in storia dell’agricoltura, e altri studiosi.
Devo dire che, come cercava di spiegare pure francesco nella discussione che hai linkato nell’articolo, di agricoltura e’ difficile trovare in rete qualcuno che ne parli sapendo di cosa si sta parlando, e quel sito con Guidorzi e’ uno dei pochi che ho trovato dove qualcosa del genere miracolosamente accade.
Certo, se lo si approccia con lo spirito saccente, esaltato, apocalittico, misticheggiante e pressapochista dell’ecologismo ideologico, non si ha speranza di impararvi nulla ne’ di potervi trasmettere i propri eventuali dubbi e perplessita’, ma e’ un peccato perche’ e’ un universo che l’ecologista scientifico dovrebbe trovare affascinante, proprio per i suoi intrecci dialettici con l’universo della natura che tutto contiene.
Come cercavo di suggerire sopra, fornire cibo tutti i giorni a _8 miliardi_ di famelici predatori apicali umani mai contenti, ecologisti e non, noi fortunelli che, non per merito nostro, non abbiamo mai saltato UN pasto in vita nostra lo troviamo scontato e banale, ma non lo e’.
Una curiosita’, che vorrei condividere con voi: l’orca marina e’ uno stupendo mammifero marino di cervello e intelligenza a quanto pare molto simile a quella degli esseri umani. Come potete verificare su wikipedia, e’ un predatore apicale e sociale come noi, con un linguaggio appreso, e che tipicamente muore di vecchiaia a circa 80 anni. Sapete quante ce ne sono in tutto? Sessantamila… E non perche’ gli altri 8 miliardi li abbiamo sterminati noi, ma perche’ i predatori apicali in natura sono e devono essere rari, altrimenti inevitabilmente con la loro potenza e intelligenza sociale distruggono sia l’ambiente in cui vivono che se stessi.
“Certo, se lo si approccia con lo spirito saccente, esaltato, apocalittico, misticheggiante e pressapochista dell’ecologismo ideologico”
Il sottoscritto saccente, esaltato, apocalittico, misticheggiante, pressapochista e ideologico in questi articoli cita dati e fonti sui quali è aperto al massimo confronto. Anche con te che finora ti sei limitato solamente a fare ironie e produrti in inutili psicologismi sulla mia persona. Sono in attesa di critiche circostanziate e costruttive.
“Come cercavo di suggerire sopra, fornire cibo tutti i giorni a _8 miliardi_ di famelici predatori apicali umani mai contenti, ecologisti e non, noi fortunelli che, non per merito nostro, non abbiamo mai saltato UN pasto in vita nostra lo troviamo scontato e banale, ma non lo e’”.
Sto ridendo come un matto visto che era proprio quello che volevo dire a te, che se siamo ‘fortunellli’ non è grazie a sementi magiche ma a variabili aleatorie e che producono anche esternalità piuttosto gravi.
“E non perche’ gli altri 8 miliardi li abbiamo sterminati noi, ma perche’ i predatori apicali in natura sono e devono essere rari, altrimenti inevitabilmente con la loro potenza e intelligenza sociale distruggono sia l’ambiente in cui vivono che se stessi.”
Il nostro blog è uno dei pochissimi che non si fa problemi a parlare di sovrappopolazione, quindi è discorso che andrebbe girato ad altri.
“Sto ridendo come un matto visto che era proprio quello che volevo dire a te, che se siamo ‘fortunellli’ non è grazie a sementi magiche ma a variabili aleatorie e che producono anche esternalità piuttosto gravi. ”
La produttivita’ agricola dipende in ragguardevole parte dalle “sementi magiche” fin dall’inizio dell’agricoltura.
Poi, che qualsiasi “semente magica” duri poco e vada sostituita con un’altra che ripeta la magia, in una continua rincorsa contro le cosiddette avversita’ biologiche, anche questo succede fin dai primordi dell’agricoltura.
Nel caso degli Ogm, ad esempio, oltre che i rischi eccetera un altro problema e’ che nei nostri paesi e’ praticamente vietata la ricerca in proposito, mentre in altri tipo la spagna e’ concesso l’uso solo di varieta’ vecchissime di decenni perche’ autorizzate all’epoca.
“Il nostro blog è uno dei pochissimi che non si fa problemi a parlare di sovrappopolazione, quindi è discorso che andrebbe girato ad altri.”
Appunto, le mie ironie mirano proprio a questo: concentriamoci sul cio’ che fa in modo insostituibile questo blog grazie ai contributi di alto livello ad esempio di Jacopo Simonetta e Luisa Cohen, e lasciamo perdere il tema controverso e altamente a rischio di fuffa e di zuffa degli OGM, in cui vuoi a tutti i costi trascinare la polemica. Chi e’ competente ti asfalta in due secondi, a non accorgersene e’ solo chi non sa e non capisce nulla dell’argomento per mancanza di basi.
Cosa stiamo ad insegnare al contadino cosa deve piantare sul suo campo per aumentare la resa, e quindi produrre lo stesso raccolto possibilmente utilizzando meno superficie, egli lo sa benissimo da solo.
La questione poi non e’ solo agrotecnica, e’ di opportunismo economico: i contadini da un lato vogliono produrre il massimo nei loro campi, dall’altro vogliono che la produzione complessiva del prodotto che producono sia minima (vedi le varie “quote”, che servivano proprio a questo), in modo da produrre carenza sul mercato, che vogliono anche il piu’ possibile protetto dalla concorrenza, e spuntare cosi’ prezzi piu’ alti. Per il contadino che deve vendere la sua merce un mondo di affamati sarebbe l’ideale, in italia le grandi organizzazioni degli agricoltori sono contro gli ogm anche per questo, altro che natura e salute… per chi conosce l’ambiente al di la’ della propaganda dei vari sindacati di categoria, che fanno il loro mestiere, queste sono cose abbastanza scontate.
“La produttivita’ agricola dipende in ragguardevole parte dalle “sementi magiche” fin dall’inizio dell’agricoltura.”
La produttività dell’agricoltura industriale dipende principalmente da risorse non rinnovabili come quelle da cui si estraggono i fertilizzanti di sintesi (metano, fosfati, minerali di potassio). E più in generale da un sistema dove più o meno occorrono 5-10 input di calorie per ottenerne 1 di cibo. Visto che apprezzi tanto Jacopo, vai a dare un’occhiata agli articoli che ha scritto sull’argomento.
“lasciamo perdere il tema controverso e altamente a rischio di fuffa e di zuffa degli OGM, in cui vuoi a tutti i costi trascinare la polemica. Chi e’ competente ti asfalta in due secondi, a non accorgersene e’ solo chi non sa e non capisce nulla dell’argomento per mancanza di basi.”
1) se tu avessi iniziato una critica motivata e argomentata a dati e fonti che ho riportato nell’articolo, sarebbe avvenuta la discussione più civile del mondo. Cosa ancora del tutto possibile, non chiedo di meglio di un confronto critico su quanto ho scritto (rispettandomi e senza fare stupidi psicologismi e retropensieri su di me). Sei tu che hai voluto iniziare tutta la discussione all’insegna dello sfottò 2) se viene un esperto ad ‘asfaltarmi’, ben contento. Quando sbaglio lo ammetto, ci sono tanti esempi in proposito. Anche perché non si tratterebbe di ‘asfaltare’ Igor Giussani, bensì le fonti che riporta: FAO, USDA e riviste scientifiche. Insomma, si farebbe un’opera importante di chiarezza e verità. Però ‘asfaltare’ nelle maniere consone: non come ‘qualcuno’ che argomenta alla maniera ‘mio cuggino coltiva ogm illegalmente e ha delle rese della madonna’.
“Cosa stiamo ad insegnare al contadino cosa deve piantare sul suo campo per aumentare la resa,”
Finiamola anche con questa storia, non voglio insegnare nulla a nessuno. Sto semplicemente prendendo in considerazione i dati sull’agricoltura USA per capire se sta intraprendendo un percorso in direzione della sostenibilità a 25 anni dalla loro introduzione e con il 50% di colture transgeniche.
I DUBBI SUGLI OGM IN AGRICOLTURA
di Salvatore Ceccarelli Consulente internazionale con Bioversity International
Corriere della Sera
21 set 2019
Caro direttore, gli organismi geneticamente modificati (Ogm) sono organismi ottenuti con tecniche di ingegneria genetica introducendo in un organismo, quale una pianta, uno o più geni provenienti di solito da batteri. Si tratta quindi di un processo che in natura non potrebbe avvenire. Ogm e ibridi sono due cose completamente diverse: lo ricordo perché ogni tanto i due termini si usano come sinonimi.
Gli Ogm più conosciuti sono quelli resistenti a un certo numero di insetti e quelli resistenti agli erbicidi. Gli Ogm sono comuni in colture come granturco, soia, colza, cotone ed erba medica. Gli Ogm resistenti agli insetti sono ottenuti inserendo nelle piante il gene di un batterio, il Bacillus thuringiensis, che produce una tossina che uccide gli insetti quando attaccano la pianta. Studi recenti mettono in dubbio che queste tossine agiscano in modo specifico contro gli insetti nocivi senza danneggiare anche insetti che nocivi non sono. La categoria più diffusa di Ogm è quella resistente al glifosato. Di questi Ogm si è parlato molto per il possibile effetto cancerogeno del diserbante.
Di Ogm si è parlato spesso sulla stampa italiana, lamentando gli svantaggi di cui soffrirebbe non solo l’agricoltura nazionale, ma anche quella mondiale, a causa dei divieti posti all’uso degli Ogm. Se ne sta parlando di nuovo in questi giorni poiché sembra che la ministra dell’agricoltura abbia intenzione di riaprire un confronto su questo tema.
Non intendo entrare nel dibattito a proposito della sicurezza del cibo ottenuto da colture Ogm perché la vera debolezza degli organismi geneticamente modificati è un’altra, ed è la stessa delle varietà uniformi prodotte con metodi convenzionali e che non verrebbe superata nemmeno con il gene editing. Essi ignorano un principio biologico fondamentale che si può spiegare ricordando due cose.
In primo luogo, i funghi, gli insetti e le piante infestanti che danneggiano le nostre colture, sono tutti organismi viventi e, come tali nascono, crescono, si riproducono e muoiono: sono variabili, mutano e si evolvono per adattarsi a nuove condizioni, come formalizzato nel Teorema fondamentale della selezione naturale. Questo teorema
dice una cosa molto semplice: se l’ambiente che circonda un gruppo di organismi viventi cambia, quel gruppo di organismi viventi o si estingue o, se ha sufficiente diversità genetica, si evolve adattandosi al nuovo ambiente.
In secondo luogo, per crescere e riprodursi i parassiti di ogni genere hanno bisogno di un ospite. L’ospite è la pianta (o più in generale l’organismo) che attaccano. Se tale organismo è completamente resistente, essi muoiono. Tutti? Muoiono, sì, ma non tutti, perché sono variabili, e le rare mutazioni spontanee che rendono i parassiti capaci di attaccare l’ospite avvengono di continuo, consentendo agli individui che ne sono portatori di sopravvivere. In assenza dell’ospite resistente, questi individui non hanno alcun vantaggio specifico, ma, se all’improvviso, come accade con le varietà uniformi che sono ora prevalentemente coltivate nell’agricoltura moderna, una varietà nuova, geneticamente uniforme e resistente, sia essa geneticamente modificata o convenzionale, viene coltivata, è come se cambiassimo l’ambiente che li circonda. Nel nuovo ambiente questi individui diventano improvvisamente i soli in grado di riprodursi, e poiché tutte le piante delle varietà moderne sono geneticamente identiche, si diffondono molto rapidamente. La generazione successiva sarà in gran parte costituita dai nuovi tipi, capaci di attaccare l’ospite. Se la varietà ospite non dovesse cambiare, avremo un’epidemia ed estese perdite di raccolto.
Lo stesso avviene quando entriamo in un campo e irroriamo con un insetticida, un fungicida o un erbicida. Di fatto, all’improvviso, cambiamo l’ambiente che circonda insetti, funghi ed erbe infestanti e, senza accorgercene, facciamo esattamente l’opposto di quello che pensiamo di fare, cioè selezioniamo gli insetti, i funghi e le erbe infestanti resistenti a quel particolare prodotto che stiamo usando.
Casi di evoluzione di resistenze da parte di insetti e di piante infestanti sono stati e vengono documentati nelle riviste scientifiche.
Il principio biologico che è alla base di tutto ciò è lo stesso per cui i batteri sviluppano resistenza agli antibiotici, un fenomeno che sta diventando estremamente problematico a livello mondiale. Quindi, qualsiasi meccanismo di protezione contro un parassita delle colture, che sia di natura genetica o chimica, può essere stabile o instabile. Gli Ogm appartengono alla categoria delle soluzioni instabili e perciò, nella migliore delle ipotesi, forniscono una soluzione temporanea, creando però allo stesso tempo un nuovo problema (una razza più resistente del parassita), che richiede una soluzione diversa (un nuovo organismo geneticamente modificato o maggiori dosi di pesticida). Pertanto, l’introduzione di Ogm in agricoltura avvia una reazione a catena di cui beneficia solo l’azienda produttrice degli Ogm.
In conclusione a noi sembra che, in biologia, gli organismi geneticamente modificati rappresentino quella strategia della obsolescenza programmata molto diffusa nel mondo industriale.
Controindicazioni Forniscono una soluzione, ma creano un nuovo problema, cioè una razza più resistente del parassita
Strategie Gli organismi geneticamente modificati rappresentano l’obsolescenza programmata diffusa nel mondo industriale.
Ciao Andrea, il discorso sulle resistenze sarà nelle prossime puntate dove porterò dati e studi al riguardo riferiti all’agricoltura USA. Ogni cosa a suo tempo: l’esperienza mi ha insegnato che è pericoloso introdurre nuovi argomenti senza le cifre sottomano, perché poi possono iniziare dibattiti infiniti basati sostanzialmente sul nulla.
Qui ho cercato di affrontare il versante produttività e, ribadisco quanto scritto nell’articolo, non attribuisco colpe agli OGM. Se le sementi transgeniche sono meno produttive di altre convenzionali, non è un problema in sé. Basta solo che gli apologeti non facciano propaganda non corrispondente al vero al riguardo.
Andrea, prova a vederla cosi’: i microrganismi che si nutrono delle “nostre” piante cercano un adattamento per potersi nutrire, quasi esattamente come noi.
Con una differenza: noi, di cui e’ ben nota la ybris, adattiamo e selezioniamo le piante, i “parassiti”** invece adattano se stessi ad esse (gli e’ piu’ facile, e forse non hanno altra scelta).
Non c’e’ niente di nuovo.
I selezionatori di piante che lo fanno per mestiere, ogm e non, passano la vita a cercare di trovare SEMPRE NUOVE varieta piu’ produttive _e_ resistenti ai parassiti, perche’ _qualsiasi_ selezione dopo un po’, a sua volta, seleziona i suoi parassiti, e non va piu’ bene (a noi, non agli altri “parassiti”).
DA SEMPRE, o perlomeno dal neolitico, da 10.000 anni, non dagli ogm.
** “parassiti” dal nostro punto di vista si intende, non dal loro. Come dice S. Mancuso, tutti gli animali in realta’ sono parassiti, cioe’ si nutrono di un altro essere vivente perche’ e’ il solo modo che hanno di sopravvivere: non sono in grado di ricavare l’energia che gli serve direttamente dalla stella piu’ vicina.
Nonostante nei paesi occidentali si sia avuto un grande sviluppo dell’agricoltura chimico-industriale delle grandi estensioni, l’80% della produzione agricola nel mondo è a tutt’oggi realizzata da piccole aziende che producono su scala familiare
The state of food and agricolture Rapporto FAO 2007
“Sto semplicemente prendendo in considerazione i dati sull’agricoltura USA per capire se sta intraprendendo un percorso in direzione della sostenibilità a 25 anni dalla loro introduzione e con il 50% di colture transgeniche”
https://www.lindro.it/l-america-ha-fame-il-clima-anche-e-biden-lo-sa/
Per quello che si legge in giro negli Stati Uniti patria dell’agroindustria, una persona su sei è affamata.
Mi viene da piangere se penso a certi fanfaroni che vanno in giro a dire che l’agricoltura industriale sopporta l’onere di sfamare il mondo. Il mondo lo sfamano i piccoli agricoltori, come quelli indiani, con al massimo due ettari di terra pro capite. Li stanno facendo fuori (e con loro tutti i piccoli commerci su scala locale) con una velocità senza precedenti per instaurare un sistema di coltivazione ultra sussidiato, ultra tecnologico (ogm compresi) e perciò fragilissimo rispetto a tutti gli inconvenienti della tecnologia (che si presume aumenteranno nel tempo) e affamato di risorse energetiche e naturali. Una follia.
Ho aspettato a commentare sia per vedere dove andava la discussione, sia per non passare per il solito saccente. Nell’articolo di Igor vi sono molte interessanti schemi, ma manca quella conoscenza di base che li fa interpretare bene. Spiegare tutto sarebbe troppo lungo e su certe cose anche a me rimangono dei dubbi per cui, su aspetti di cui non sono sicuro, mi astengo. A parte i numerosi errori (per esempio i due fratelli mantovani, acquistando le sementi sul mercato estero -sono ibridi e pertanto devono acquistarle ogni anno, ma questo evidentemente Igor non lo sa!- pagano le royalties al produttore, e cioè alla tedesca Bayer) vi sono quattro aspetti dimenticati che servirebbero a capire e giudicare meglio. Innanzitutto certe scelte agricole non sono libere, ma imposte dalla situazione. Per esempio il prezzi delle varie materie prime (sia input che output) condizionano tutto. Gli USA, spesso (sempre?!) usano i prodotti agricoli come potentissima arma geopolitica e gli agricoltori si adeguano a produrre più o meno, come farebbe ogni altro imprenditore. Secondo: gli agricoltori USA, come quelli europei stanno rapidamente diminuendo di numero ed invecchiando e questo li costringe ad usare macchinari sempre più grossi, costosi ed energivori. lo stesso avviene in Italia. Ad arare il mio piccolo campo per seminarvi la medica (pur avendo ereditato da mio padre tre trattori, non ho l’aratro e la seminatrice ha quasi 100 anni ed è un reperto da museo.) è venuto un contoterzista con un trattore mostruoso da 300 cavalli: in mezz’ora ha arato ed in un’altra mezz’ora ha seminato. Con il mio trattore sono poi passato a rullare.
Terzo: Igor non tiene conto che la popolazione mondiale sta crescendo, ad un ritmo più rallentato, ma pur sempre di 70 milioni (e cioè italiani e austriaci) di persone l’anno in più che si siedono a tavola. Se allargarsi per sfruttare nuove terre è giustamente sbagliato, qualche altro sistema per produrre di più in qualità e quantità bisogna pur adottarlo. Nella definizione di ecocompatibilità, va tenuto conto anche di questo parametro imposto. Le definizioni solo teoriche, restano appunto solo teoria.
Quarto: l’errore di fondo è stato lasciare le biotecnologie agricole in mano solo al settore privato ed è ovvio che questo pensa più ai propri interessi che all’ambiente. Di fatto sono stati proprio i denigratori delle biotecnologie a creare questo problema. Vedi ricerca pubblica italiana (una delle più avanzate al mondo nel settore delle piante da frutto) distrutta da pseudoambientalisti alla Pecoraro Scanio e Capanna.
Quinto: ogni nuova tecnologia va inserita in un adeguato contesto tecnico-culturale. Allo stesso modo di una veloce auto sportiva, inadatta a strade sterrate, anche le PGM vanno inserite in un contesto in cui non si lesina sugli altri input: irrigazione, concimazione, ecc. In Asia dove mediamente i contadini sono molto più informati, l’hanno fatto. In Africa molto meno. In Burkina ci ho lavorato a lungo e non c’è paese più disastrato.
E’ anche stato tirato in ballo ( a sproposito) l’argomento resistenze da persone disinformate che non sanno (o non vogliono sapere!) che ogni organismo vivente si modifica e si adatta continuamente. vedi antibiotici, antimalarici, resistenze degli insetti ai fitofarmaci, ecc. Per quale oscura ragione le PGM dovrebbero essere immuni da questo basilare principio biologico?
>A parte i numerosi errori (per esempio i due fratelli mantovani, acquistando le sementi sul mercato estero -sono ibridi e pertanto devono acquistarle ogni anno, ma questo >evidentemente Igor non lo sa!- pagano le royalties al produttore, e cioè alla tedesca Bayer)
Non dovrebbero essere però sementi terminator quindi sterili (una volta ho scritto in un pezzo ‘ogm sterili’ e mi è piovuta in testa una shitstorm terrificante). In ogni caso, visto che già violano la legge, sarei almeno contento se su questo punto fossero in regola. Mi pare però che a livello europeo ( https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/MEMO_04_102 ) ci siano precise leggi sul tracciamento, come fanno a sgamarle?
>Terzo: Igor non tiene conto che la popolazione mondiale sta crescendo, ad un ritmo più rallentato, ma pur sempre di 70 milioni (e cioè italiani e austriaci) di persone l’anno >in più che si siedono a tavola. Se allargarsi per sfruttare nuove terre è giustamente sbagliato, qualche altro sistema per produrre di più in qualità e quantità bisogna pur >adottarlo. Nella definizione di ecocompatibilità, va tenuto conto anche di questo parametro imposto. Le definizioni solo teoriche, restano appunto solo teoria.
Igor non solo tiene conto di questa cosa, ma pensa anche che prima di parlare di aumenti di produttività sarebbe bene tappare il secchio che perde, quindi sprechi del sistema alimentare e usi impropri dell’agricoltura come coltivazioni dedicate per allevamento animale e biocarburanti ( http://www.decrescita.com/news/critica-della-ragione-agroindustriale-2-le-cause-della-fame-prima-parte/, http://www.decrescita.com/news/critica-della-ragione-agroindustriale-3-le-cause-della-fame-seconda-parte/ ).
Per il resto, lei tratta sempre il problema ambientale e di sostenibilità come se fosse, per così dire, ‘estetico’ e non di sostanza. Altrimenti si creerebbe il problema di un paradigma che produce di più, ma grazie a risorse non rinnovabili e a pratiche che creano esternalità che prima o poi bisogna pagare, anche in maniera salata. Usare massicciamente fertilizzanti di sintesi per poi creare grandi zone morte marine (abbiamo anche la nostra europea tra le più grandi del mondo, nel Baltico) significa produrre cibo per distruggerne altro, non ha senso.
Ovviamente, se poi lei pensa che si possano fare cose come usare i fosfati dei giacimenti sottomarini senza colpo ferire… beh, a me mancheranno le conoscenze di base in agricoltura ma a lei pecca parecchio inq uelle relative alla sostenibilità.
Con dispiacere ho visto rifiutato il mio commento di stamattina, che non mi sembrava particolarmente critico. Facevo solo un elenco di argomenti dimenticati e che invece spiegano molte cose. Comunque scrivo lo stesso.
La definizione della sostenibilità è corretta, o meglio lo sarebbe in un mondo ideale e cioè in un contesto statico: popolazione ed ambiente stabile. Purtroppo la popolazione cresce e l’ambiente si degrada. E’ quindi necessario trovare un sistema per soddisfare entrambe queste cose in movimento. A mio modesto giudizio la risposta è sempre un aumento dell’intensività. delle produzioni. Così come nell’industria e nei servizi, rispetto a 100 anni fa si producono cose con minore dispendio energetico e di materie prime, altrettanto si fa in agricoltura. Spedire una semplice lettera o un qualunque tipo di messaggio, cento o duecento anni fa richiedeva molta più energia rispetto ad ora. La controprova è che le alternative (il biologico, ecc) sono complessivamente più energivore. Gli OGM non sono stati inventati per produrre di più (questa è solo una conseguenza), ma per usare meno input: soprattutto fitofarmaci e/o erbicidi. Questo era e continua a essere il motivo per cui i miei amici mantovani li coltivano. Mi creda: un campo coltivato a mais ibrido e uno con ibridoGM, hanno esattamente bisogno della stessa quantità di fertilizzante, di acqua e di energia per coltivarli. La differenza sta che i secondi, essendo più resistenti a patologie o malerbe, alla fine producono di più e di conseguenza, per unità di prodotto sono anche più ecocompatibili perché soddisfano tutte e tre le condizioni. Ben diverso è se non accetta nemmeno di produrre mais, o soia o colza coltivate in maniera intensiva, perché produzioni inutili, ecc. ma qui entriamo in un discorso che esula dagli OGM.
>Con dispiacere ho visto rifiutato il mio commento di stamattina, che non mi sembrava particolarmente critico.
Non siamo professionisti, fare i blogger è una passione e ieri era sabato, tutto qui. Nessuna censura. Infatti è stato pubblicato tutto.
>Con dispiacere ho visto rifiutato il mio commento di stamattina, che non mi sembrava particolarmente critico. Facevo solo un elenco di argomenti dimenticati e che invece spiegano >molte cose. Comunque scrivo lo stesso.
>La definizione della sostenibilità è corretta, o meglio lo sarebbe in un mondo ideale e cioè in un contesto statico: popolazione ed ambiente stabile. Purtroppo la popolazione >cresce e l’ambiente si degrada. E’ quindi necessario trovare un sistema per soddisfare entrambe queste cose in movimento. A mio modesto giudizio la risposta è sempre un aumento >dell’intensività.
Ecco, queste commento dimostra le ‘conoscenze di base’ in fatto di sostenibilità che mancano a lei. Come se l’intensificazione avvenisse grazie a una sorta di magia, purtroppo non è così.
>Così come nell’industria e nei servizi, rispetto a 100 anni fa si producono cose con minore dispendio energetico e di materie prime, altrettanto si fa in agricoltura. Spedire >una semplice lettera o un qualunque tipo di messaggio, cento o duecento anni fa richiedeva molta più energia rispetto ad ora. La controprova è che le alternative (il >biologico, ecc) sono complessivamente più energivore.
Nella sua testa lo sono, perché ignora completamente i ragionamenti sulla filiera complessiva e guarda solamente a quanto avviene sul campo (non è l’unico). Guardi, le approverò sempre tutti i commenti, però di non muoio proprio dalla voglia di riiniziare il dialogo tra sordi avvenuto nell’altro blog.
>Ben diverso è se non accetta nemmeno di produrre mais, o soia o colza coltivate in maniera intensiva
Guardi, se fosse per me potrebbero tutti avere tre suv, ogni cittadino potrebbe avere l’impronta ecologica di Godzilla e King Kong messi insieme, si potrebbero fare coltivazioni intensive di qualsiasi cosa… il problema è che ci sono cose che vanno ben oltre la mia volontà. Non affrontiamo la sostenibilità perché ci piace il bel mondo antico, ma perché esistono problemi oggettivi che attanagliano il bel mondo moderno. Quando lei dice ‘la definizione di sostenibilità sarebbe corretta ma non si può fare’ lei praticamente nega l’esistenza di qualsiasi problema, non so se se ne rende conto. Altrimenti saprebbe che da certe questioni non si può scappare, volenti o nolenti.
Mi scuso sentitamente per aver dubitato, ma non vedendo il mio commento, è stato logico “pensare male”. Uno a zero per lei. Palla al centro. La vera differenza tra me e lei, non sta nella definizione e considerazione dell’ecocompatibilità, ma nella conoscenza ” reale”. Non certo per maggiore intelligenza (magari!), ma per una visone più ampia delle cose, dovuta (casualmente) ad esperienze nel settore agro-zootecnico per cultura familiare ed esperienze personali come veterinario in decine di paesi di 4 continenti, agricoltore, allevatore e certificatore biologico. Come esempio continuo nel settore OGM, di cui è sempre più evidente che lei conosce poco: non essendo lei del settore, non la considero una colpa, ma solo una constatazione. Fino ad ora (quasi) tutte le PGM sono state sviluppate da imprese private, ed è ovvio che queste si dedicano solo alle specie più redditizie. In pratica solo quattro: mais, colza, soia e cotone. E un pò anche il riso: Clearfield Altre come il grano, essendo piante autogame e cioè che si autoimpollinano, le hanno trascurate, perché ne trarrebbero poco profitto. Non volendo e potendo fare una lezione (uno bravo e paziente sarebbe il mio carissimo amico Guidorzi) mi limiterò al mais.
Un tempo il mais era usato solo per alimentazione umana perché produceva poco più del frumento. Dagli anni ’30, negli USA hanno cominciato ad ibridarlo (sfruttando la Seconda legge di Mendel) ed ottenere produzioni, prima doppie e poi triple. Mio nonno, un agronomo innovativo, poco prima di morire nel 1938 (a causa di una vecchia ferita di guerra) si fece mandare di nascosto (c’era l’embargo) delle sementi di mais ibrido, tramite degli amici belgi, dagli USA ed ottenne risultati stratosferici per l’epoca. Ho saputo poi da mia nonna che quel mais ibrido non era a rottura vitrea (per uso umano) per cui dovettero usarlo tutto per l’alimentazione dei maiali e galline. Per la Terza legge di Mendel però ripiantando le sementi ibride ottieni della porcheria, per cui devi riacquistarle dal selezionatore. Il rapporto maggiore costo di queste sementi ibride e la maggiore resa è infinitesimale. E’ quindi una balla stratosferica che le sementi ibride comprese quelle GM siano sterili. Nel caso della soia e la colzaGM, come anche per il frumento, orzo, riso, in cui non si usano sementi ibride, i contadini spesso le riseminano, ma ottengono comunque raccolti scarsi perché la semente autoprodotta, oltre che impestata di semi di infestanti (le macchine per la vagliatura sono complesse), perde l’uniformità genetica. Per cui preferiscono comprarle ogni anno da ditte specializzate. Anche in questi casi il sovrapprezzo è minimo. La legislazione comunitaria (Regolamento CE n° 2100/94) in ogni caso, permette a tutti coloro che vogliono farlo di riseminare parte del raccolto derivante da sementi “brevettate” purché nei limiti delle 92 tonnellate. Oltre, devono pagare al costitutore 0,7 Euro la tonnellata. Questo, sia per sementi normali, che OGM. Nessuno controlla i miei amici mantovani perché tutto il loro mais va consumato in azienda per i maiali. Si erano stufati di avere un’elevata mortalità e morbilità tra i suinetti e scrofe per la presenza di micotossine. In particolare di vomitossine, DON e Zearalenone. Anzi è stato questo l’elemento determinante della loro scelta, ancora più che essere costretti ad avvelenare se stessi e l’ambiente con insetticidi. D’altra parte, tutti i loro colleghi che hanno a cuore la salute dei propri animali, usano le stesse materie prime, con l’unica differenza che queste sono importate.
Anche per il biologico, esiste il limite dello 0,9% di semi GM nel mangime. Nella realtà ce ne sono percentuali molto più alte, ma nessuno dice niente (nemmeno i bio(il)logici perché la filiera crollerebbe. Per non parlare poi della contraddizione di vedere aziende Bio che spacciano “grani antichi”, in realtà ottenuti tramite mutagenesi indotta da radiazioni o colchicina e pertanto GM per l’attuale definizione UE. E Se riuscisse a comprendere bene tutte questi particolari, sono più che certo, che da denigratore diventerebbe un accanito sostenitore delle PGM, proprio in nome dell’ecosostenibilità e decrescita. A suo tempo ho letto i suoi articoli sulla fame nel mondo. Molte cose sono condivisibili, altre molto meno. Le vere (ovviamente IMHO) cause della fame sono tre: disgrazie contingenti (guerre, carestie, ecc); cultura (compresa la titolarità fondiaria) e la mancanza di denaro: di cibo se ne produce anche troppo, ma per acquistarlo bisogna avere i soldi. Ma sono argomenti troppo complessi e bisognerebbe averli visti da vicino per conoscerli bene.
Per me non è una gara. E’ vero che mi accaloro, che dedico molto tempo a replicare ai commenti e che non la prendo bene se qualcuno viene con atteggiamenti di sufficienza a fare ironie e psicologismi inutili invece di una critica di merito. Ma per il resto non ho religioni o interessi da difendere, se vengo ‘asfaltato’ e mi si dimostra che gli OGM rendono l’agroindustria sostenibile vivo esattamente come prima.
Guardi, io (a differenza di quello che crede qualcuno) non insegno nulla ad agricoltori, agronomi o biologi molecolari. Diciamo che sono ferrato in sostenibilità un po’ più della media senza esserne un esperto. Quello che voglio fare in questa serie di articoli è niente più di quello che ho dichiarato verificare se, a 25 anni dalla commercializzazione e dopo che da una decina d’anni gli OGM rappesentano il 50% dell’agricoltura, gli USA stanno dando segnali di aver intrapreso un percorso in direzione della sostenibilità. Per quanto riguarda il discorso dell’impiego di fertilizzanti di sintesi no, ma come vede ho l’onestà intellettuale di riconoscere che gli OGM non c’entrano nulla (semmai sono disonesti i pifferai che ne esaltano la presunta maggior produttività).
E un’obiezione molto diffusa. Mi limito a giudicare la transegenesi ‘realmente esistente’, quella monopolizzata da un ristretto numero di corporation. Del resto, mi pare che quando si criticano le alternativa all’agricoltura industriale si faccia la stessa cosa, non si prendono a riferimento le ricerche agroecologiche condotte nelle facoltà universitarie ma si prendono genericamente i dati dei produttori per sentenziare ‘questo produce il tot in meno, quest’altro il tot altro ecc.’. E questo nonostante nel settore biologico e dell’agricoltura organica non ci sia tutto quel patrimonio di conoscenze e quel sostegno agronomico che riceve l’agroindustria con o senza OGM e ci sia molta più improvvisazione.
Per il resto, come ho riportato la ricerca e sviluppo di una semente OGM costa sui 130 milioni di dollari (stima di una fonte PRO ogm: le altre parlano anche di 200-250 milioni). Quindi ci sono delle ragioni per cui ci si concentra sulle coltivazioni più redditizzie, oltre l’avidità intrinseca delle multinazionali.
Grazie, ma dopo uno shitstorm di insulti capeggiata dal suo carissimo amico (che almeno ci mise nome e cognome, a differenza degli altri che non misero nemmeno indirizzi reali nella piattaforma commenti) l’ho imparata bene questa cosa (in realtà la sapevo già, solo che scrissi una frase ambigua e mi massacrarono. Da allora sull’argomento scrivo mettendomi le mutande di latta)
Anche questo è un discorso che trovo totalmente insensato: siccome ci sono magagne e ruberie nel biologico ALLORA gli OGM sono sostenibili… Per molto tempo ho pensato che le sementi BT fossero utili alla sostenibilità, perché sembrava di vedere un decoupling assoluto tra produzione e impiego di insetticidi (poi però ho scoperto le loro magagne, ma questa è la puntata 3)
A proposito di esternalità e maggiore produttività delle PGM e di come l’attuale Pensiero Unico le tratta le racconto due episodi poco conosciuti, ma che dovrebbe comunque avere già letto anche sul libro di Bressanini. Nel 2005, molti ricercatori italiani stufi del continuo dibattito su PGM si e PGM no, decisero di effettuare un esperimento pubblico commissionato dall’INRAN e supervisionato da un ricercatore super partes scelto di comune accordo da entrambe le fazioni. In un centro sperimentale al centro della Pianura Padana furono seminate varie parcelle (ovviamente con identica quantità di fertilizzante, concime , acqua, gasolio e lavoro, per cui con identiche esternalità) con due varietà di mais ibrido ed altre due con le stesse varietà ibride isogeniche GM del tipo Bt, resistenti cioè al Bacillus thuringensis. Le produzioni risultarono più elevate rispettivamente del +28% e 43% nelle due parcelle Bt. Ai ricercatori questo interessava poco. Molto più interessava la quantità di fumonisine: uno dei più potenti cancerogeni, che causa migliaia di morti fra gli umani ogni anno e mille volte di più fra gli animali. Ebbene, nei due maisBt le quantità di fumonisine risultarono rispettivamente di 60ppb e 48 pbb, mentre in entrambe le varietà normali risultò superiore alle 6000 (seimila) ppb. Per la normativa UE questo mais sarebbe stato quindi inadatto al consumo e quindi destinato ad essere bruciato nei termovalorizzatori o aggiunto agli impianti di biogas. Bell’esempio di ecocompatibilità! Chi mi raccontò tutto questo (un carissimo amico professore e ricercatore all’Università di Piacenza) era indignato per il fatto che questi risultati furono accuratamente nascosti per due anni da un medico diventato alto funzionario del Ministero Salute ( grazie al suo asservimento al politico di turno) e che purtroppo ho avuto modo di conoscere anche io quaranta anni fa in Mozambico: sono subentrato nel suo appartamento ed ho acquistato la sua automobile usata. Altro particolare: solo 75.000 Euro furono spesi per questa ricerca in campo e 6 (sei) milioni di denaro pubblico furono regalati alla Fondazione per i Diritti Genetici (e che non ha mai prodotto niente) presieduta da quel Mario Capanna che pubblicamente dichiarò di aver assaggiato le inesistenti fragogliole.
Nel 2007 per evitare che quasi tutto il mais prodotto in Italia e sud della Francia venisse distrutto, si pensò bene di chiedere una deroga al limite minimo di 2000 microgrammi ed innalzarlo a 4000 microgrammi di tollerabilità. In pratica si è preferito aumentare la probabilità (certezza!) di mangiare una sostanza cancerogena ben conosciuta (ignorando il Principio di Prevenzione) e continuare ad adottare il Principio di Precauzione che impone l’impossibile rischio zero.
Ha considerato tra le esternalità anche le migliaia di morti fra gli umani e i milioni di morti fra gli animali causati da micotossine? Purtroppo come veterinario conosco bene questi “particolari”, continuamente omessi nelle valutazioni e come agricoltore non riesco a capire che differenze di esternalità ci siano tra un campo coltivato a mais ibrido ( o soia, cotone, colza, riso, papaia, pioppo, pomodoro, melanzana, ecc) normale e uno identico coltivato a mais (e tutte le altre specie vegetali menzionate)GM. Se differenze ci sono, io le vedo tutte a favore di piante che producono di più con minori input.
Delle coltivazioni Bt mi occuperò nella terza puntata, la più delicata sulla quale devo ancora lavorarci parecchio. Rispetto al nostro dibattito infinito su DFSN, vorrei rimanere molto di più sul pezzo ed evitare divagazioni da ciò di cui trattano strettamente gli articoli. Mi limito a dire una cosa: i ritrovati OGM, ma più in generale tutti quelli agroindustriali, nel breve periodo sono portentosi: il problema è nel (neanche troppo) lungo periodo. Fino al 2005-06, per le sementi HT e Bt negli USA sembrava profilarsi un successo clamoroso. Se si solo considerano analisi di breve periodo, cosa che tendono immancabilmente a fare i sostenitori degli OGM (nella prossima puntata ho sgamato persino il buon Bressanini comportarsi così), allora davvero sembra che stai rinunciando all’occasione del secolo.
Se lei è la stessa persona che nel 2015 in un’intervista dichiarava realtaivemnte al mais Bt “Si tratta di strategie per produrre di più ma senza chimica, ovvero senza utilizzare fitofarmaci.” ( https://www.larena.it/territori/villafranchese/eresie-ambientaliste-burlini-smonta-le-teorie-della-galassia-verde-1.3220447 ) facendo passare sostanzialmente l’idea che le coltivazioni Bt siano una specie di ‘ogm biologici’, mi permetto di avanzare dubbio. Ma ripeto, delle Bt ne riparleremo a tempo debito.
https://nuovabiologia.it/i-danni-dei-mais-gm/
In attesa di Giussani consiglio di leggere questo articolo, visto che l’argomento è complesso. Una decina di letture e riletture possono bastare. Dico sulla base della mia esperienza
Il vero pericolo, alla fine, è quello di perdere il mais, che è uno degli alimenti base su cui si fonda l’alimentazione mondiale.
Fuzzy: grazie del link. Era diverso tempo che non leggevo così tante stronzate raccolte in un unico articolo. Sublime la foto degli attori scafandrati con tute gialle e che vanno tutti in fila a distruggere con Glyphosate un campo coltivato a frumento. Ovviamente una messinscena a cui possono credere solo gli sciocchi (eufemismo) come te. Ho girato il link a diverse persone e già immagino i loro commenti.
Igor: in estate mi capita spesso di incrociare di mattina presto (il loro passaggio sulla strada sarebbe proibito) sulle strade comunali della Bassa delle strane macchine agricole : dei serbatoi motorizzati sui trampoli. Sono le macchine irroratrici scavallanti (su strada restano basse, ma quando entrano nei campi di mais si alzano (compresa la cabina del guidatore) fino a tre metri d’altezza e servono appunto ad irrorare insetticidi sui campi di mais in piena estate quando è già alto. I prodotti appartenngono a varie categorie di insetticidi: soprattutto piretroidi ed esteri fosforici particolarmente tossici e che ammazzano tutto. Invece i bio(il)logici spargono direttamente vari ceppi di Bacillus thuringensis che fanno strage di tutti i lepidotteri (farfalle) e non solo di Ostrinia. I miei amici mantovani stufi di avvelenarsi allo scopo di proteggere il loro mais dalla piralide, hanno appunto cominciato ad utilizzare sementi di mais Bt, su cui era stata inserita la sequenza di una specifica tossina che colpisce solo questo parassita. In pratica un fucile che spara proiettili intelligenti che colpiscono solo un tipo di preda e trascurano tutte le altre. Faccio notare che nonostante le parecchie centinaia di milioni di ettari coltivati per parecchi anni con maisBt, non si è ancora registrata piralide resistente alla tossina. Il grosso difetto di questo proiettile è di essere sparato da un vecchio tipo di fucile e cioè da una varietà di mais ibrido molto meno produttivo di altri in commercio nel resto del mondo. Questo perché il MON810 (studiato per combattere specificatamente la piralide) era ed è l’unico consentito sul mercato europeo. C’è poi un altro problema serio: oltre alla piralide, vi sono altre specie di parassiti nel mais: diabrotica (parassita importato una ventina di anni fa dall’Asia), elateridi, ecc. In Spagna (ambiente meno umido della Pianura Padana), il parassita principale è la Diabrotica ed è per quello che in Spagna sono diminuite o sono rimaste stabili le coltivazioni di mais Bt. Qui avrebbero bisogno del Mon 863, attivo contro la Diabrotica che però l’UE non consente. I soliti ignoranti, hanno preso questo dato come prova che le PGM non funzionano. Da qualche anno i miei amici si trovano quindi di fronte al dilemma: continuare a rischiare la galera per acquistare vecchie varietà (di 20 anni fa: un abisso) di mais Bt e non usare insetticidi, oppure non rischiare niente, acquistare le “normali” varietà di mais ibrido più produttive e continuare, come tutti gli altri, ad avvelenare se stessi e l’ambiente? Ne riferirò quando saprò cosa hanno deciso.
Ho usato le virgolette perché i costitutori usano le nuove varietà più performanti come base per le nuove varietà Bt, e lasciano le vecchie varietà al ristretto mercato degli ibridi normali. A loro importa poco perché nei mercati più importanti (USA, Canada, Brasile, ecc. il mais Bt è oramai stabilmente intorno o superiore al 90% della produzione. E qui usano soprattutto varietà ” stacked” e cioè dove le mutazioni di resistenza sono “impilate” una sull’altra. In pratica sparano proiettili intelligenti adatti a tutte le prede. Nella UE però non sono ammesse. Continuiamo a farci del male!
Nel giudizio contro la metodica Bt (ed altre metodiche di miglioramento genetico), va esaminato solo questo aspetto e non altri, come ad esempio il problema della monocoltura; delle politiche di dumping, ecc. Chi giudica e paragona le qualità di vari tipi di coltello, non comprende nel suo giudizio il problema dei femminicidi o altro.
Fuzzy: grazie del link. Era diverso tempo che non leggevo così tante stronzate raccolte in un unico articolo. Sublime la foto degli attori scafandrati con tute gialle e che fanno finta di irrorare con Glyphosate un campo coltivato a frumento. Se lo facessero davvero lo distruggerebbero. Ho girato il link a diverse persone e già immagino i loro commenti.
Igor: in estate mi capita spesso di incrociare di mattina preso, sulle strade comunali delle strane macchine agricole : dei serbatoi motorizzati sui trampoli. Sono le macchine irroratrici scavallanti (su strada sono basse, ma quando entrano nei campi di mais si alzano fino a tre metri d’altezza e servono appunto ad irrorare insetticidi sui campi di mais in piena estate quando è già alto. I prodotti che usano sono varie categorie di insetticidi: soprattutto piretroidi ed esteri fosforici. I bio(il)logici invece usano direttamente vari ceppi di Bacillus thuringensis che fa strage di tutti i lepidotteri (farfalle) e non solo di Ostrinia. I miei amici mantovani stufi di avvelenarsi, hanno cominciato ad utilizzare sementi di mais Bt, su cui era stata inserita la sequenza di una specifica tossina che colpisce solo una certa specie di parassita. In pratica un fucile che spara proiettili che colpiscono solo un tipo di preda e trascurano tutte le altre. Purtroppo tale proiettile è sparato da un vecchio tipo di fucile e cioè una varietà di mais ibrido molto meno produttivo di quelli in commercio. Questo però era e rimane l’unico consentito sul mercato europeo. C’è poi un altro problema serio: oltre alla piralide, vi sono altre specie di parassiti nel mais: diabrotica (parassita importato una ventina di anni fa dall’Asia), elateridi, ecc. In Spagna (ambiente meno umido della Pianura Padana), il parassita principale, più che la Piralide, è la Diabrotica per cui avrebbero bisogno del Mon863. Ed è per questo che in Spagna hanno diminuito le coltivazioni di mais Bt. I soliti ignoranti, hanno preso questo dato per affermare su tutti i media che le PGM non funzionano. Da qualche anno i miei amici quindi si trovano di fronte al dilemma: rischiare la galera e continuare ad acquistare vecchie varietà (di 20 anni fa: un abisso) di mais Bt per non usare insetticidi, oppure non rischiare niente, acquistare le nuove varietà di mais ibrido molto più produttive e continuare ad avvelenare se stessi e l’ambiente? Ne riferirò quando saprò cosa hanno deciso.
Nei paesi dove si coltiva molto mais, le varietà GM, hanno stabilmente raggiunto e superato la percentuale del 90% (alla faccia di chi dice che non funzionano) perché sullo stesso ibrido (ovviamente delle varietà più nuove e performanti) “impilano” più fattori di resistenza e non più uno solo. In pratica usano fucili che sparano proiettili efficaci contro molte diverse prede.
Un’ultima nota: nel giudicare (dal punto di vista dell’ecocompatibilità) la tecnologia Bt, non vanno considerate valutazioni sui problemi della monocoltura, ecc. Così come nel confrontare le qualità di vari tipi di coltelli, non vanno inclusi i problemi di omicidi e femminicidi.
Non ho visto i contributi di Fuzzy perché il mio tempo libero da blogger è concentrato al 100% su questi articoli. Dico solo che non c’è nulla di male nel debunking, nel fare invece delle selezioni di documenti per far passare strumentalmente ogni critico degli OGM come idiota invece sì.
Lei è abituato a discussioni polemiche con i sostenitori del biologico (pardon: ‘bioillogico’), vegani ecc. e sta riproponendo con me le stesse tecniche dialettiche. Probabilmente, mi occuperò anche di biologico, ma lo scopo dichiarato di questi articoli, lo ripeto per l’ennesima volta, è verificare se a 25 anni di distanza dall’introduzione delle sementi OGM (oramai metà dei terreni coltivati) l’agricoltura USA abbia avviato un percorso in direzione della sostenibilità. Di conseguenza, quando se ne esce fuori con cose del tipo ‘eh ma il biologico…” fa la stessa figura del personaggio di Vicchi di Casapound interpretato da Caterina Guzzanti, quella che quando si trova in difficoltà urla ‘e allora le foibe?!’.
Quando vorrò fare un confronto di sostenibilità tra agricoltura biologica e convenzionale lo farò esplicitamente. Per ora, trovo abbastanza dubbio il suo stratagemma, tale per cui ogniqualvolta ritiene di aver trovato una magagna al biologico allora la tecnica convenzionale diventa automaticamente ‘ecocompatibile’. Al massimo sono entrambi insostenibili o una meno insostenibile dell’altra.
https://nuovabiologia.it/lezioni-dal-caso-del-mais-messicano-parte-iii-messico-il-bivio-attuale/
Francesco/Franco, continua pure a leggere. Volendo c’è pure la parte 1
E questa è una biologa, non una veterinaria allevatrice di polli.
Igor: essendo un ospite accetto la rampogna. Mi permetto però di farle notare che sul biologico ho solo fatto un accenno riguardo la loro ennesima dimostrazione di incoerenza, e che riguarda direttamente l’argomento ecocompatibilità delle PGM Bt. In queste è inserita una specifica sequenza ottenuta da una specifica specie di batterio letale SOLO per la Piralide (Mon810) o da un’altra letale SOLO per la Diabrotica (Mon 863) e pertanto dannose SOLO per gli appartenenti a quella specifica specie quando questi ne mangiano un pezzetto di mais. Nell’ambiente (sia per umani che per altre specie animali, comprese altre specie di insetti utili, comprese le api) invece non resta niente! In tanti hanno provato a dimostrarne il contrario (vedi articolo postato da Fuzzy), ma non è mai risultato niente. Figuriamoci se resta nel latte di madri umane, che tra l’altro non mangiano mai del mais ibrido indentato adatto solo a consumo animale. Dopo 25 anni di coltivazione in tutto il mondo (la superficie coltivata è oramai superiore a più di 20 volte tutta la superficie agraria italiana o 7 volte l’intera superficie italiana) non è mai emerso niente di concreto. L’unico che ha tentato di dimostrare il contrario è stato Seralini della CRII-Gen , sponsorizzato da due multinazionali della GDO (Carrefour e Auchan) che volevano speculare ancora di più sulla paura dei consumatori.
Dall’altra parte ci sono gli agricoltori italiani che per assurde leggi sono costretti a non usare l’ecocompatibile arma delle PGM e che invece “SPARANO” raffiche a casaccio uccidendo con gli insetticidi tutto ciò che si muove intorno (e anche distante, visti i residui di questi insetticidi) al mais. Compresi appunto gli adepti del Bio, che spargono tonnellate di un insetticida costituito da una miscela di quegli stessi batteri tossici, che però ha effetti residui anche su altre specie di insetti utili, comprese le api. Uscirò, leggermente fuori tema, ma le chiedo di ricordarsene quanto affronterà l’argomento Bio giudicandoli sotto l’aspetto dell’eco-compatibilità.
Faccio inoltre notare che a differenza del Messico, da noi (continente euroasiatico) non ci sono specie selvatiche dello stesso genere del Teosinte americano, da cui è stato selezionato il mais per cui ogni possibile deriva genetica a specie selvatiche non è possibile. Mi chiedo inoltre per quale motivo nessuno si sia indignato per le derive genetiche dovute a tutte le mutazioni casuali (e non accuratamente mirate come nel caso delle PGM) indotte da decenni di mutagenesi indotta da radiazioni o colchicina. E su piante, come frumento, orzo, riso, ecc. che hanno corrispondenti selvatici (infestanti) in natura. In realtà, la risposta la conosco già: il business del mercato dell’Eco-bio-natural-chefaben (di cui i prodotti OGM-free sono una parte considerevole) generato dalle paure indotte da opportune campagne di disinformazione di massa, ha di gran lunga superato il business delle biotecnologie applicate all’agricoltura. Gli agricoltori poi sono un’infima minoranza e pertanto contano poco dal punto di vista elettorale. Per cui i politici (tutti appartenenti alla categoria dei consumatori) sia di destra (vedi Zaia) che di sinistra seguono il trend.
Scusi, usa spesso questa parola ‘ecocompatibile’, che a differenza di ‘sostenibilità’ è molto più generica e non ha una vera e propria accezione scientifica. Che cosa intende quando dice che una tecnica è ‘ecocompatibile’?